CAMPI DI BATTAGLIA 1848-67 Images of the Italian wars of Independence

Il video è stato realizzato nel 2010, mostra luoghi di battaglie che si sono svolte oltre 150 anni fa l’audio e formato da testi che sono stati scritti negli anni ’70. Il fine è innescare circuiti mentali, spaziare, trovare relazioni, indagare, chiedere, capire, interrogare la memoria.
Ho scelto i testi di questo periodo storico perché negli anni ’70 gli italiani hanno iniziato a perdere l’innocenza: si è avuto probabilmente lo scontro più forte tra potere e popolo. Un potere nuovo e differente che si insediava in maniera innovativa ed autoritaria ha creato ‘l’attuale’. I testi si mescolano ai suoni diventando incomprensibili perché queste voci intellettuali spesso vengono poi taciute. Il testo di Pasolini che come una litania accompagna il video si intitola ‘Perché il processo’ ed è un articolo che fu pubblicato il 28 settembre del 1975 sul Corriere della Sera.
Abbiamo paura‘, non avendo una narrazione precisamente definibile, vuole appositamente rimanere sulla sottile linea di demarcazione che esiste fra ciò che è un racconto e ciò che è uno dei caratteri propri della video art, ovvero la messa in discussione della posizione dello spettatore. Tale scelta va a sottolineare gli intenti dell’opera che sovrapponendo momenti storici e piccoli avvenimenti vuole trasmettere la perpetua rimozione della verità dei fatti storici, anche recenti.

 

‘Ciò che vediamo è unicamente la terra deserta, ma questa terra deserta è come carica di ciò che vi è sotto. Voi mi direte: ‘che cosa c’è sotto, cosa ne sappiamo?’ Beh, è proprio ciò di cui la voce ci parla……..’.
Gilles Deleuze Immagine Tempo.

 

 

 

The video was made in 2010, it shows places of battles that took place over 150 years ago the audio and formed from texts that were written in the 70s. The aim is to trigger mental circuits, space, find relationships, investigate, ask, understand, interrogate the memory.
I chose the texts of this historical period because in the 70s the Italians began to lose their innocence: there was probably the strongest clash between power and people. A new and different power that was established in an innovative and authoritarian way created ‘the present’. The texts mix with the sounds becoming incomprehensible because these intellectual voices were (are) often then silenced. Pasolini’s text that accompanies the video like a litany is titled ‘Perché il processo’ and is an article that was published on 28 September 1975 in the Corriere della Sera.

‘Abbiamo paura’, not having a precisely definable narrative, purposely wants to remain on the thin line that exists between what is history and what is one of the characteristics of video art, that’s to say the questioning of the viewer’s position. This choice underlines the intentions of the work which by superimposing historical moments and small events wants to convey the perpetual removal of the truth of historical facts, even recent ones.

 

‘What we see is only the wasteland, but this wasteland is as charged with what is under it. You will say to me: ‘what is underneath, what do we know?’ Well, that’s exactly what the voice tells us about …….. ‘.
Gilles Deleuze Image Time.

 

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I campi del Risorgimento
L’impressionante peregrinazione di Giorgio Barrera ci ricorda che il Risorgimento lo si è fatto con le armi. Ma l’ispirato viaggio del fotografo, dalle nebbie lombarde ai frutteti siciliani, rivela anche che la terra italiana ha saputo cicatrizzarsi. Spesso, i campi di battaglia hanno ceduto il posto a una serena campagna coltivata. Oggi lo sguardo è attirato dai solchi e dal grano e da essi guidato fino alla discreta presenza di rovine e monumenti commemorativi. In effetti si può affermare che, dalla fine del XVIII secolo fino alla conquista dell’Unità, la penisola italiana venne trasformata in un gigantesco campo di battaglia.
Certo, non una novità per una terra la cui storia antica è costellata di occupazioni militari, guerre di resistenza e di liberazione. Ma mai come nel periodo risorgimentale, la terra su cui si è combattuto ha assunto un significato tanto importante nella concretezza e nella mistica della liberazione e della ricostruzione nazionale. Nomi di paesi e località, fino ad allora sconosciuti, conservano l’impronta di queste battaglie e ridisegnano l’ambiente urbano secondo un nuovo ordine: nelle città e nei borghi, i nomi delle strade celebrano le vittorie che hanno portato all’Unità, come Solferino, Magenta o Marsala, senza dimenticare le “gloriose disfatte” di Curtatone e Montanara o del Gianicolo, e ricordano un nuovo protagonista delle guerre risorgimentali dal 1848 in poi: il popolo di volontari. Nel XIX secolo si vogliono visitare i campi di battaglia e mostrarli come “teatri di guerra”1. Nel momento in cui se ne misura e se ne sacralizza il perimetro, l’eroismo e il sacrificio diventano più solenni e più familiari a un tempo. Ebbene, il campo di battaglia è un elemento topografico, è paesaggio e luogo reale prima di essere un luogo della memoria. Con i primi fotografi dell’Ottocento, i campi di battaglia e le rovine divengono soggetti estetici e mediatici: si pensi agli scatti romani dell’italiano Stefano Lecchi, nel 1849 o, dieci anni dopo, alle vedute lombarde e venete del francese Méhédin2. Più che uno sfondo, il campo di battaglia è uno spettacolo che non manca né di personaggi né di colori. Lo si può contemplare anche a casa propria, se si ha la fortuna di sfogliare i grandi album in quarto dei Fasti militari-Atlanti o di guardare le fotografie delle battaglie che corredavano le cartine di guerra del 1859. Esistono anche spettacoli più popolari: i campi di battaglia diventano il soggetto principale dei “panorama”, dipinti circolari antesignani del cinema, che gli spettatori dell’intera Europa venivano ad ammirare per vedere le armate di Garibaldi che sbarcavano in Sicilia o combattevano a Roma3.

Le champs du Risorgimento
L’impressionnante périgrination de Giorgio Barrera rappelle que le Risorgimento s’est accompli par les armes. Mais le voyage inspiré du photographe, des brumes de Lombardie aux vergers de Sicile, dit aussi que la terre d’Italie a su cicatriser. Les champs de guerre ont souvent laissé place à une campagne sereinement cultivée. Les labours et les blés attirent le regard, et ils l’emportent toujours sur les ruines et sur les monuments commémoratifs parfois discrétement présents. Il est vrai que de la fin du XVIIIe siécle jusqu’à l’achévement de l’Unité, la péninsule italienne semble transformée en un gigantesque champ de bataille. La situation n’est certes pas nouvelle pour une terre dont l’histoire ancestrale est ponctuéed’occupations militaires, de résistances et de libérations armées. Mais jamais, comme à l’époque du Risorgimento, la terre du combat n’avait eu une signification aussi importante dans les rèalités et la mystique de l’affranchissement comme de la reconstruction nationale. Témoins de cette empreinte, des noms de villages et de lieux-dits jusqu’alors inconnus ordonnent l’univers citadin des Italiens : dans le villes et les bourgs d’Italie, les noms de rue célébrent les victoires de l’Unité, Solferino, Magenta ou Marsala, mais n’oublient pas les “glorieuses défaites” de Curtatone et Montanara ou du Janicule, rappelant que depuis 1848 les guerres du Risorgimento sont aussi menées par le peuple des volontaires. Au XIXe siécle, on aime voir les champs de bataille et les montrer comme des ”teatri di guerra”1. L’héroìsme et le sacrifice deviennent à la fois plus solennels et plus familiers quand on peut en arpenter et en sacraliser le périmètre. Or, le champ de bataille est un dispositif topographique, il est paysage et lieu réel avant de devenir lieu de mémoire. Avec les premiers photographes du XIXe siècle, les champs de bataille et les ruines deviennent des objets esthétiques et médiatiques : tels les clichés romains de l’italien Stefano Lecchi en 1849 ou, dix ans plus tard, les vues lombardes et vénètes du francais Méhédin2. Plus qu’un décor, le champ de bataille est un spectacle qui ne manque ni de personnages ni de couleurs. On peut en disposer chez soi, si on a les moyens de se procurer ces grands albums in quarto de Fasti militari-Atlanti, où les vignettes de batailles accompagnent les cartes de la guerre de 1859. Il existe aussi des spectacles plus populaires : les champs de bataille deviennent la principale matière des “panoramas”, ces tableaux cylindriques, ancetres du cinèma, que les spectateurs de l’Europe entiére viennent admirer pour voir les armées de Garibaldi débarquer en Sicile ou se battre à Rome3.

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L’itinerario di Barrera abbraccia un arco cronologico che va dalle battaglie della primavera del 1848 a quella di Mentana dell’autunno del 1867. é allo stesso tempo classico e originale. Classico, perché vi si ritrovano le tre grandi guerre del Risorgimento e la spedizione dei Mille. La Prima Guerra d’indipendenza é condotta dal regno di Piemonte e Sardegna di Carlo Alberto in soccorso dei Lombardi, dal marzo 1848 all’agosto del 1849. Il re piemontese combatte contro l’impero austriaco, senza alleati ma con il sostegno di volontari armati italiani e stranieri. Fino all’agosto del 1848, il conflitto è caratterizzato da una successione di vittorie sarde (Pastrengo, Goito), di eroiche disfatte (i volontari toscani a Curtatone e Montanara) e di controffensive austriache (Palmanova, Custoza) che portano i piemontesi a firmare un armistizio. Un anno dopo, la tregua viene interrotta e i piemontesi sono definitivamente sconfitti a Mortara e a Novara il 24 marzo 1849, appena qualche mese prima della caduta della Repubblica Romana di Mazzini, assediata dalle truppe francesi giunte a difendere papa Pio IX.
Anche la Seconda Guerra di indipendenza, tra maggio e luglio 1859, è scatenata dal regno di Sardegna. In tale occasione però lo stato del re Vittorio Emanuele II di Savoia, governato da Cavour, ha saputo trovare nella Francia del Secondo Impero un potente alleato. I soldati francesi, i militari sardi e i volontari garibaldini condividono le vittorie di Montebello, Palestro, Magenta, Solferino e San Martino e il 30 giugno 1859 gli alleati sono alle porte del Veneto, pochi giorni prima che Napoleone III imponga la firma dell’armistizio di Villafranca. Nella primavera del 1860 la guerra si estende anche a sud, con la spedizione dei “Mille” volontari garibaldini partiti da Quarto, vicino a Genova, per andare in soccorso ai patrioti siciliani che si erano sollevati contro il re Borbone.

L’itinèraire de Barrera reconstitue un arc chronologique qui va des batailles du printemps 1848 à celle de Mentana de l’automne 1867. Il est à la fois classique et original. Classique, parce que s’y retrouvent les trois grandes guerres du Risorgimento et l’expèdition de Sicile. La Première Guerre d’indèpendance est menée de mars 1848 a aout 1849 par le royaume de Pièmont-Sardaigne de Charles-Albert au secours des Lombards. Le roi pièmontais y combat contre l’empire autrichien, sans alliès étatiques, mais avec le soutien des volontaires armès italiens et étrangers. Jusqu’en aout 1848, le conflit est marqué par une succession de victoires sardes (Pastrengo, Goito), de défaites héroìques (les volontaires toscans à Curtatoneet Montanara) et de contre-offensives autrichiennes (Palmanova, Custoza) qui conduisent les Pièmontais à signer un armistice. Un an plus tard, la treve est rompue et les Pièmontais sont définitivement vaincus à Mortara et à Novare le 24 mars 1849, quelques mois à peine avant la chute de la République Romaine de Mazzini assiégée par les troupes francaises venues défendre Pie IX.
C’est toujours le royaume sarde qui est à l’origine de la Deuxième Guerre d’indèpendance, de mai à juillet 1859. Mais, cette fois, l’Etat du roi Victor-Emmanuel II de Savoie, gouverné par Cavour, a su trouver dans la France du Second Empire un puissant allié. Les soldats francais, les militaires sardes et les volontaires garibaldiens se partagent les victoires de Montebello, Palestro, Magenta, Solferino et San Martino, et le 30 juin 1859, les alliés sont aux portes de la Vénétie, peu de jours avant que Napolèon III n’impose la signature de l’armistice de Villafranca. Au printemps 1860, c’est vers le Sud que la guerre se déploie avec l’expédition des “Mille” volontaires garibaldiens partis de Quarto, prés de Génes, pour aller secourir les patriotes Siciliens soulevés contre le roi Bourbon.

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Dopo lo sbarco a Marsala e le vittorie di Calatafimi e Milazzo, le truppe garibaldine sono raggiunte dall’armata regolare di Torino che, tra agosto e ottobre, conquista anche le province pontificie delle Marche e dell’Umbria. Quando viene proclamato il nuovo Regno d’Italia, nel marzo 1861, mancano ancora Venezia e il Veneto, rimasti sotto il dominio austriaco, e il prestigioso stato pontificio costituito da Roma e dal Lazio. Durante la Terza Guerra d’indipendenza, da giugno a ottobre 1866, l’Italia ormai unificata deve ancora combattere contro l’Austria, che le infligge le gravi sconfitte di Custoza, in terra, e di Lissa, in mare. Nonostante le battaglie perse, la diplomazia europea riconsegna il Veneto all’Italia. E Roma?
Fin dal mese di agosto 1862, i garibaldini avevano tentato, contro la volontà di Cavour, di riconquistare la Città Eterna, e la loro impresa si era drammaticamente arenata sui massicci boscosi dell’Aspromonte calabrese. Il nostro percorso fotografico termina con la battaglia di Mentana, annessa in modo ben poco ortodosso all’indomani della guerra del 1866. A Mentana, nella campagna del Lazio, i volontari di Garibaldi tentano di ripetere la loro spedizione, fermati dagli zuavi pontifici appoggiati dall’esercito regolare francese armato di fucili “chassepot”. Tre anni dopo, il 20 settembre 1870, i bersaglieri italiani penetreranno a Roma dalla breccia di Porta Pia. Ma questo campo di battaglia urbano − battaglia considerata alla stregua di una scaramuccia dai testimoni − non interessa Giorgio Barrera. Dopo tutto, bisogna riconoscere con lui che le sorti d’Italia si erano giocate fuori da Roma, su quei campi di battaglia di una campagna ormai rinata o…risorta.
Gilles Pécout

 

* Gilles Pécout è uno storico ed è Direttore del Dipartimento di Storia della Scuola Normale Superiore di Parigi e titolare della cattedra di storia politica e culturale dell’Italia e del Mediterraneo all’EPHE.
1 Angela De Benedictis (a cura di), Teatri di guerra: rappresentazioni e discorsi tra età moderna ed età contemporanea, Bologna, Bononia University Press, 2010, 352 p.
2 Per queste fotografie di campi di battaglia contemporanee, si rimanda alla mostra Napoléon III, les Francais et l’Unité italienne, organizzata dal Musée des Invalides di Parigi, il Museo del Risorgimento di Milano e la Fondazione Alinari di Firenze, che verrà inaugurata a Parigi nell’ottobre 2011.
3 Si veda Massimo Riva, in De Benedictis, op. cit., e http: //dl.lib.brown.edu/garibaldi/scholarship.html

Aprés le débarquement de Marsala et les victoires de Calatafimi et Milazzo, les troupes garibaldiennes sont rejointes par l’armée réguliére de Turin qui effectue ainsi, d’aout à octobre, la conquéte des provinces pontificales des Marches et de l’Ombrie. Lorsque le nouveau royaume d’Italie est proclamé en mars 1861, il luimanque encore Venise et la Vénétie sous domination autrichienne, ainsi que le prestigieux reliquat de l’Etat temporel pontifical constitué par Rome et le Latium. Durant la Troisiéme Guerre d’indépendance, de juin à octobre 1866, l’Italie désormais indépendante est aux prises avec l’Autriche qui lui inflige les sévéres dèfaites de Custoza sur terre, et de Lissa sur mer. Malgré ces batailles perdues, la diplomatie européenne rétrocéde à l’Italie la Vénétie.Et Rome ? Dés le mois d’aout 1862, les garibaldiens ont essayè, contre la volontè de Cavour, d’aller reconquèrir la Ville, et leur èpopèe a dramatiquement échoué dans le massif boisé de l’Aspromonte calabrais. Notre parcours photographique prend fin avec la bataille de Mentana, rattachée de facon bien peu traditionnelle aux lendemains de la guerre de 1866. A’ Mentana, dans la campagne du Latium, les volontaires de Garibaldi réitìrent leur expédition. Ils sont arrétés par les zouaves pontificaux assistès de l’armée réguliére francaise armée de fusils “chassepot”. Trois ans plus tard, le 20 septembre 1870, les bersaglieri italiens pénétreront à Rome par la bréche de Porta Pia. Mais ce champ de bataille urbain, à peine une escarmouche que retiennent les témoins, n’intèresse pas Giorgio Barrera. Aprés tout, force est de constater avec lui que le sort de l’Italie s’éait joué ailleurs qu’à Rome, sur ces champs de bataille d’une campagne aujourd’hui reverdie ou…risorta.
Gilles Pècout

 

* Gilles Pécout est historien et Directeur du département d’histoire de l’Ecole normale supérieure de Paris et titulaire de la chaire d’histoire politique et culturelle de l’Italie et de la Mèditerranée à l’EPHE.
1 Angela De Benedictis (dir.), Teatri di guerra: rappresentazioni e discorsi tra eta moderna ed
eta contemporanea, Bologne, Bononia University Press, 2010, 352 p.
2 Nous renvoyons pour ces photographies contemporaines de champs de bataille à l’exposition Napoléon III, les Francais et l’Unité Italienne, organisée par le Musée des Invalides de Paris, le Musée du Risorgimento de Milan et la Fondation Alinari de Florence qui sera inaugurée à Paris en octobre 2011.
3Voir Massimo Riva, in De Benedictis, op. cit, et http://dl.lib.brown.edu/garibaldi/scholarship.html

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Mappa della Battaglia di Palestro

Giorgio Barrera’s Battlefields 1848-1867 (2007) traces the chronology of three great Italian wars. On the occasion of the 150th anniversary of the unification of Italy, this site-specific installation transposes a field of battle within the garden of the Consulate General of Italy.

 

Barrera, an Italian artist based in Milan, brings a contemporary sensibility to these large-format photographs that creates an immersive and poetic journey for the viewer to embark upon. His images reveal different perspectives of war: a soldier in the front lines, a general strategizing his next move from atop a hill, and then moments when the viewer is left stranded in a dense fog–where ghosts from the past seem to emerge. Within these evocative images, Barrera sometimes obstructs the viewer’s perceptual field, revealing how the landscape itself can act as both adversary and accomplice during times of battle. The tombstone-like positioning of these highly romantic and sometimes mundane images alludes to the horrors of war, reminding the viewer that there is a cost to battles that shape the identity of a nation.

 

This photographic pilgrimage retains a nation’s collective memories and deep-rooted histories by ascribing new meanings to public space. Inspired by maps from the period were used to plot out this journey and the style of Renaissance painting, Barrera’s images show “what is, after what has been.” He excavates sedimented historical moments that are typically kept hidden by everyday life, enticing the viewer to reflect upon the landscape as a present-day site for remembrance.

Bonnie Rubenstein

CAMPI DI BATTAGLIA 1848 – 1867

Questo lavoro è stato interamente realizzato con una macchina fotografica di grande formato, una Deardorff 20×25, e abbraccia tutte le battaglie più importanti del Risorgimento.
Comprende complessivamente 25 luoghi di battaglia ed è composto in totale da 60 immagini selezionate. Al fine di individuare i luoghi delle battaglie ho ricercato mappe e scritti dell’epoca e ho focalizzato il lavoro nei luoghi “rurali” evitando a priori gli scontri avvenuti nelle città.
Durante la realizzazione del lavoro ho volutamente evitato di riprendere persone così come i monumenti commemorativi dei fatti dell’epoca perché era mia intenzione focalizzarmi sul paesaggio in quanto tale. Paesaggio, quindi, non come semplice veduta naturalistica ma come espressione dell’interazione fra passato e presente. Ho posto al centro della mia ricerca la riflessione dello spazio pubblico come tema, e allo stesso tempo contenitore, della memoria collettiva cercando di portare alla luce le memorie storiche sedimentate nel territorio e nascoste dai veli della quotidianità.

Nei luoghi che ho descritto è inscritta la storia del Risorgimento: ho ricollocato quel tempo nella contemporaneità. Il paesaggio, in fondo, è il “luogo” che accoglie e dimostra la relazione tra uomo e natura e che potenzialmente è in grado di rivelare ogni momento storico da quella “natura” attraversato.
“Ogni paesaggio, è come un’opera d’arte ma molto più complessa: un pittore dipinge un quadro, …………, ma tutto un popolo crea un paesaggio, che costituisce il serbatoio profondo della sua cultura e “reca l’impronta del suo spirito”. (Martin Schwind).

Nella nostra mente esistono e sopravvivono tracce storiche e descrizioni pittoriche e poi fotografiche e cinematografiche per uno sterminato registro dell’immaginazione umana. Per questo motivo, le immagini di questi luoghi di battaglia sono tutte vedute che vogliono porre lo spettatore di fronte alle inesistenti visioni contemporanee di un soldato o di un comandante immaginari nelle quali insistono momenti di “difficoltà” del vedere come ad esempio, la nebbia o il buio, così come barriere architettoniche o paesaggistiche contemporanee che potessero rimandare a fortilizi o comunque a ostacoli da superare o eventualmente conquistare. Ostacoli del vedere come simboli sì dell’incertezza della battaglia, del pericolo e dell’insicurezza dei partecipanti al conflitto, ma anche elementi del paesaggio capaci di portare alla luce le memorie storiche sedimentate nel territorio e nascoste dai veli della quotidianità.
Questa scelta è stata voluta per enfatizzare una ripresa fotografica soprattutto basata sulla sottrazione di elementi e di rimandi storici precisi. Ho cioè voluto usare e usufruire di elementi del paesaggio contemporaneo che potessero servire come evocatori di momenti del passato.

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